“Domani so per certo che mi risveglierò ancora con questo pensiero, continuerò a vederti anche se non mi rivorrai, e non ti perderò mai, perché se anche dovesse accaderci nella vita, se anche dovessimo separarci un giorno, so che la mia vita non ti perderà. E’ questo il valore più grande che rimane quando due persone si sono amate veramente”. Così lei disse: “Grazie per quel pezzetto di cuore in cui non entrerà mai nessun altro. Fosse anche minuscolo, fosse anche grande quanto il peso di una lacrima, credo converga comunque verso l’eternità. E tu che conosci la grandezza del cielo ogni volta che apri le braccia, sappi che lo hai rimesso in queste mie, anche le volte che non te l’ho detto”. […] “L’amore è l’unica esplosione nucleare che non distrugge ma crea. Quello che distrugge è già mutato in qualcos’altro, siamo noi che rifiutiamo di accorgercene. Una bella anima non ci fa mai del male. Questo non significa non ferirsi, capita ed è inevitabile, perché siamo anime spesso inquiete e diverse e per quanto vicini, abbiamo anche essenze che non sono completamente fuse, mantengono una personale sostanza e così deve essere. Però l’amore può ferire ma non far male. Sembra la stessa cosa ma non lo è. Una ferita si rimargina, il male continuo uccide. Spesso sovraccarichiamo le persone con l’idea che ci siamo fatti della loro anima, che in parte è fedele alla realtà, in parte è a nostra immagine e somiglianza. La perfezione non è perfetta, è solo ciò che ti sta bene addosso, che ti rimetteresti e che risceglieresti ancora. L’amore perfetto non è dove tutto va bene, è dove non manca nulla. Più la vita ci ha scavato, più abbiamo dentro dei solchi aperti. Dobbiamo essere completi per arrivare a una completezza più profonda.  Non siamo fatti per stare da soli ma nemmeno per stare con chiunque. Il vero amore non è un unico incastro per un’unica forma, se non è preciso restano in circolo solo micidiali correnti d’aria umida. L’unico incastro possibile in grado di chiudere un dolore, capace di farci tornare a sentire al sicuro”.

In questi giorni ho avuto la fortuna di acquistare e leggere l’ultima fatica di un autore che arriva a sfiorare l’anima di chi legge i suoi romanzi: Massimo Bisotti; i paragrafi sono tratti dalla sua opera “Il quadro mai dipinto” e non è un caso, credo, che io l’abbia acquistato il 6 Maggio e pubblicato questa ricetta il 6 Giugno ad un mese di distanza. Non è mai un caso… come non lo è se proprio in questo giorno abbia scelto di pubblicare e realizzare la ricetta di una torta, visto che a me i dolci piacciono poco. Ma così mi sentivo di fare… e siccome cucinare è anche una forma di terapia scacciapensieri, un dolce riesce a volte e per qualche minuto, anche a dare gioia e serenità, facendoci dimenticare di tutto il resto.

Ci sono cose che accomunano le persone, come andare per mercatini a scovare oggetti antichi utili per allestire il set fotografico; alcuni, come me, prediligono oggetti della tradizione, usati, magari anche leggermente rovinati (che danno tanto l’aria di un oggetto vissuto). Ed è così che durante uno di questi giri domenicali, gironzolando tra le merci esposte in bella mostra sopra tavoli di fortuna o in qualche caso posti in terra, mi sono imbattuto in una teiera cinese originale… di per se sembra poco ma anche in questa occasione “nulla è per caso” e la presi per ricambiare un dono ricevuto e di cui non mi separerò mai: una tazza da té cinese, con coperchio per far sedimentare le foglie e non far raffreddare l’acqua. Purtroppo non ho più avuto l’occasione di donare quella teiera così particolare che ho amato fin dal primo momento che l’ho vista e acquistata; e così è rimasta a me… li, incartata, ma sempre pronta nel caso se ne dovesse ripresentare l’occasione. “Un regalo è per sempre” dicevano; ma è solo per la persona per cui è stato acquistato, non per chiunque.

Venendo alla ricetta, questa è una torta ideale per merenda e colazione; da fare in questo periodo dell’anno in cui la ciliegia è tornata sulle nostre tavole e le varietà pugliesi hanno un sapore e un gusto che nulla hanno in meno rispetto a quelle più blasonate di Vignola. Una ricetta, questa, a base di fette biscottate integrali e zucchero di canna, senza lievito; molto semplice, veloce e rustica, con un colore brunito che a me non dispiace affatto; anzi, mi ricorda le vecchie torte di una volta, quelle della nonna. Da accompagnare con un buon British tea.