Roccafluvione e Acquasanta Terme sono due borghi montani che si trovano tra il capoluogo, Ascoli Piceno, e la purtroppo famosa Arquata del Tronto, distrutta dal terremoto del 2018.
Roccafluvione è situata a 299 metri s. l. m., in una stretta valle sulle sponde del Fluvione, torrente da cui ha preso il nome. Il comune di Roccafluvione si è aggregato nel suo attuale nucleo abitativo intorno al 1863, nei pressi dell’antico castello di Rocca Casaregnana, a cui si unirono, nel 1866, i castelli di Osoli e di Rocca Reonile. L’ampio territorio comprende ben trentuno frazioni. Il paesaggio è mutevole: si passa dai 216 ai 1050 metri di altitudine.
Degna di nota è la Chiesa di Santo Stefano di Protomartire (XII secolo), che si annuncia con un’imponente fronte absidale. La cripta, riportata alla luce nel 1934, è suddivisa in tre navate da pilastri cilindrici coronati da massicci capitelli calcarei. Meno conosciuta, ma altrettanto meritevole d’attenzione, è la Chiesa dei SS. Ippolito e Cassiano di Pedara (XII secolo), caratterizzata da una torre campanaria posta a dominare e difendere l’imbocco del Fluvione. Un notevole elemento di richiamo è costituito dal Ponte Nativo, presso la frazione di Casacagnano. I torrenti Fluvione e Storre danno vita a due suggestive cascate: Arena e Forcella. Di notevole interesse sono, inoltre, gli antichi e numerosi mulini idraulici tutti non visitabili e in pessime condizioni.
Posto in una posizione altamente suggestiva, a strapiombo sulla cascata Arena si trova il mulino Pignoloni che risale al 1629, come inciso nell’architrave posta sul lato nord, periodo in cui si svilupparono molti altri mulini sul torrente Fluvione. Ammirandolo dal ponte sul Fluvione si notano le sue caratteristiche irripetibili che ne fanno un vero gioiello. Unico nel genere è l’albero del ritrecine di notevole lunghezza e posto esternamente alla struttura per poter sfruttare il salto d’acqua della cascata, una volta aperte le saracinesche. Ugualmente posti all’esterno sono gli ingranaggi che trasmettono il movimento alle macine. Successivamente è stato ampliato nella parte posteriore (1835). Peccato che il proprietario si è rifiutato di far visitare internamente il mulino e era anche scocciato con i turisti che ritiene dei vandali e maleducati (alla faccia dell’ospitalità).
Ci sono tantissime cose da vedere e visitare ad Acquasanta Terme, ma nel poco tempo concessomi, ho cercato di visitare quelli che ho ritenuto i più caratteristici.
Lu Vurghe: La località non è segnalata se non alla fine della strada asfaltata; comunque si deve raggiungere la frazione Santa Maria di Acquasanta, parcheggiare vicino al bar e scendere nella strada a fianco seguendo l’indicazione per la sede del gruppo speleologico; solo qui qui c’è la freccia che indica le fonti e si scende per una stradina sterrata che poi diventa un sentiero molto ripido.
In breve tempo si arriva alle fonti sulfuree e tiepide, dove ci si può immergere in due piccole vasche (adatte anche ai bambini) oppure rinfrescarsi nel fiume Tronto dove confluiscono le acque termali. Non immaginate però Saturnia, il posto è piccolo, anche se molto gradevole e completamente immerso nella natura.
Mulino Angelini: A Piedicava, frazione di Acquasanta che da il nome all’omonimo borgo, una discesa ripida e poi salita al ritorno per arrivare al mulino praticamente abbandonato e non visitabile internamente. Erbacce e squallore. Non merita la fatica. Il vecchio mulino, un tempo frequentato da tante famiglie che portavano il loro sacco di grano a macinare la farina per fare il pane, le tagliatelle o per gli animali da cortile come i maiali, ora purtroppo in disuso e pensare che in Alto Adige ho visto molti mulini simili, alimentati ad acqua, ancora in funzione visitabili dai turisti a cifre irrisorie (ma già con quegli incassi li tengono funzionanti). Purtroppo nelle Marche non esiste questa mentalità…
Abbazia di S. Benedetto in Valdacqua: Questo è un territorio di sorprendente ricchezza dal punto di vista ambientale, storico e antropologico, che non smette mai di stupire con i mutevoli paesaggi e i suoi tesori d’arte, preziosi e spesso nascosti.
Ne è un chiaro esempio questo antico complesso monastico che risale a prima dell’anno Mille e che colpisce per la semplicità e, nel contempo, solennità dell’insieme. Vale la sosta e anche la deviazione se si è nei paraggi. La Fraternità di San Bonifacio è di una accoglienza con pochi eguali. La liturgia è particolarmente profonda ed essendo giunto ad inizio celebrazione ho scelto di rimanervi.
Non visitati ma che meritano Castel di Luco, il Ponte d’Arli, la cascata della Volpara e della Prata.