Serra de’ Conti è un centro che sorge su una cresta collinare lungo la valle del fiume Misa.
Ha mantenuto intatto l’impianto urbanistico medievale, con la sua cinta di mura esterne, munita ancora oggi di dieci torrioni e di una monumentale porta fortificata.
La sua disposizione è diversa rispetto al resto dei paesi limitrofi medievali: il paese infatti non è arroccato in cima a un colle ma digrada, tra le abitazioni a schiera, i vicoli e le piazzette, in linee parallele lungo il versante della collina.
Esso è delimitato a sud del castello da piazza Leopardi nella cui area, nel 1200, si svolgeva l’importante Fiera di S. Lucia, che prendeva il nome dall’antica pieve ora distrutta.
Il monumentale edificio sulla destra, inserito in una struttura fortificata dei secoli XV-XVI è il monastero di S. Maria Maddalena.
Costruito nel 1600 sulla base di un modesto edificio del 1330, il convento ospita al suo interno un refettorio ligneo intagliato del XVI secolo, varie tele dei secoli XVII-XVIII e una ricca collezione di utensili artigianali legati alla vita monastica, che sono stati ora ordinati nel Museo delle arti monastiche “Le stanze del tempo sospeso”.

Da anni a Serra De Conti i popolani cercano di dare dignità ad un legume povero, per riscoprire i sapori della memoria e salvaguardare dall’estinzione realtà produttive minori… la Festa della Cicerchia nasce dalle mani e dal cuore della comunità, è l’esaltazione del buongusto, dei colori e dei profumi dell’autunno.

È uno dei legumi più antichi di cui l’uomo abbia memoria, per secoli l’alimento che ha permesso ai contadini di sfamarsi in tempi di carestia. Parliamo della cicerchialathiros in greco, cicerula in latino, è un legume simile al cece nella forma e nel gusto.

Per lungo tempo, dopo essere caduta in disgrazia a causa della malattia che provocava se assunta in grandi quantità, il “latirismo”, è stata dimenticata. Ora invece, piano piano, l’Italia lo sta riscoprendo grazie soprattutto ad alcune varietà regionali.

Cicerchia, una storia millenaria

Le prime tracce della presenza della cicerchia risalgono all’8000 a.C. in Mesopotamia e al 6000 a.C nella penisola balcanica, ma è soprattutto nell’Antico Egitto che divenne un alimento principe della tavola, utilizzato nella preparazione di focacce, pani e zuppe. Dopo secoli di gloria (in Italia dai Romani fino a dopo il Rinascimento), verso fine Ottocento si scoprì che la cicerchia era responsabile di alcune malattie neurologiche per colpa dell’Odap, un acido in essa contenuto: vero, ma ancora non si sapeva che un ammollo di 12 ore e una bollitura scongiurano qualsiasi effetto.

La cicerchia nasce da una pianta erbacea molto robusta, che deve la sua grande diffusione soprattutto alla sua capacità di crescere senza troppe cure anche in condizioni difficili e di adattarsi a siccità o freddo. Il seme, diverso per ogni tipo di pianta, ha l’aspetto simile a un sassolino: è di forma irregolare e il colore va dal grigiastro al giallo opaco. Ricca di calcio e fosforo, la cicerchia contiene anche proteine e amidi, vitamina B1, B2 e PP e fibre. E sembra che proprio il consumo di cicerchia sia il segreto dei longevi abitanti di Campodimele, un piccolo paese in provincia di Latina oggetto di studi da parte dell’Organizzazione mondiale della sanità per la bassissima incidenza di malattie cardiovascolari nella popolazione.

Una varietà scomparsa fino a pochi anni fa, salvata dal gruppo di giovani agricoltori della cooperativa “La bona usanza” è la cicerchia di Serra de’Conti (Ancona), più minuta e spigolosa rispetto alle altre tipologie, con una colorazione che va dal grigio al marrone chiaro maculato. Ha un gusto meno amaro del solito e una buccia poco coriacea,  per cui non ha bisogno di lunghi tempi di ammollo (sono sufficienti cinque ore) e di cottura (bastano 40 minuti). È un ingrediente particolarmente versatile: ottima in zuppe e minestre, ma anche cucinata in purea o servita come contorno dello zampone. Con la farina di cicerchie, inoltre, si preparano maltagliati e pappardelle. La raccolta avviene a fine luglio ma si trova essiccata tutto l’anno.

La Cicerchia dell’Alta Murgia

In Puglia, nell’Alta Murgia, nel Tarantino e nel Salento viene coltivata una varietà di cui si hanno le prime testimonianze scritte nel 1929: essa era presente come coltura principale nei comuni di Andria, Putignano e Spinazzola. Attualmente il recupero della cicerchia dell’Alta Murgia si concentra nell’area della Murgia barese ed interessa, in particolare, i comuni di Altamura, Cassano delle Murge, Minervino Murge, Spinazzola e Santeramo in Colle.

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